Finora la principale responsabile delle ingiuste giustizie è stata sempre la magistratura, spietata carnefice al centro di un sistema che non funziona e non fa altro che mietere vittime.
Il caso di Giuseppe Casto, tuttavia, vede al centro dell’ingiustizia l’attività degli avvocati. Ebbee sì, anche l’avvocato, nella sua amabile professione di portavoce dei cittadini, può diventare l’esecutore dell’ennesima ingiustizia.
Giuseppe Casto, leccese di Taurisano, 48 anni, possiede un’attività di alimentari. Fin dagli inizi dell’attività, la famiglia Casto si rivolge a un noto avvocato del paese, che diviene ben presto l’avvocato di famiglia, in cui ripongono la loro massima fiducia.
I rapporti con l’avvocato diventano sempre più intensi, soprattutto in seguito alla morte prematura del padre di Giuseppe, vittima di un incidente stradale per cui la famiglia avvia un processo per richiede un risarcimento danni.
L’avvocato dei Casto si dimostra però sempre più interessato al compenso delle sue prestazioni e sempre meno interessato a curare gli interessi della famiglia Casto; i pagamenti avvengono regolarmente e senza rilascio di alcuna fattura o ricevuta, nella piena fiducia che la famiglia ripone nell’avvocato.
Ben presto però questa piena fiducia comincia ad incrinarsi, non appena Giuseppe Casto capisce che l’avvocato non sta svolgendo a pieno le proprie funzioni e non tiene aggiornata la famiglia riguardo l’andamento del processo, la cui conclusione viene loro comunicata da soggetti terzi.
Giuseppe Casto decide di “punire” la poca professionalità dell’avvocato e di revocarne il mandato, presentando denuncia all’autorità giudiziaria per appropriazione indebita e truffa contro il legale, con un esposto all’Ordine degli Avvocati per violazione del codice deontologico. L’Ordine tenta una conciliazione, ma i Casto la rifiutano perché troppo danneggiati da tutta la vicenda.
Per tutta risposta, l’avvocato cita in giudizio i Casto, esigendo il pagamento dei suoi onorari professionali, pagamenti già avvenuti, ma senza rilascio di alcuna fattura.
Era il 2006, il procedimento di primo grado terminerà solo nel 2014 con un’amara sconfitta dei Casto in quanto non è stata prodotta in giudizio alcuna prova che potesse influire positivamente sull’esito di tutto il procedimento.
Giuseppe Casto decide di “punire” la poca professionalità dell’avvocato e di revocarne il mandato, presentando denuncia all’autorità giudiziaria per appropriazione indebita e truffa contro il legale, con un esposto all’Ordine degli Avvocati per violazione del codice deontologico. L’Ordine tenta una conciliazione, ma i Casto la rifiutano perché troppo danneggiati da tutta la vicenda.
Per tutta risposta, l’avvocato cita in giudizio i Casto, esigendo il pagamento dei suoi onorari professionali, pagamenti già avvenuti, ma senza rilascio di alcuna fattura.
Era il 2006, il procedimento di primo grado terminerà solo nel 2014 con un’amara sconfitta dei Casto in quanto non è stata prodotta in giudizio alcuna prova che potesse influire positivamente sull’esito di tutto il procedimento.